Dopo essersi ribellata, al grido “Liberté, Égalité, Fraternité”, la Francia è pronta per una nuova rivoluzione contro la tirannia delle case farmaceutiche. Come andrà a finire? Lo scoprirete in Ares, il film distopico di Jean-Patrick Benes!
2035. L’ordine mondiale è cambiato. Con i suoi dieci milioni di disoccupati, la Francia fa ora parte dei paesi poveri. La sua popolazione oscilla tra rivolta e rassegnazione e trova sfogo in battaglie televisive ultra violente in cui i lottatori sono dopati in tutta legalità. I gruppi farmaceutici hanno scuderie di campioni che approfittano degli ultimi ritrovati in materia. Ares, invece, non è un campione: è un combattente veterano che ha bisogno di denaro per far uscire di prigione sua sorella. Il suo coach gli propone allora una droga sperimentale in grado di fargli vincere tutti i suoi match, se sopravvive alle iniezioni. Ares accetta di fare da cavia, ma è solo l’inizio nell’abisso.
Ares, il dio della guerra
Dopo essere stato per anni un campione, il veterano Ares è sceso in classifica e continua a intrattenere il proprio pubblico ai livelli più bassi di Arena, uno sport nella quale i campioni si battono sotto effetto di doping e sostanze stupefacenti. Egli vive una vita austera, al limite della povertà (le sue maglie sono lise e bucate in alcuni punti e la sua alimentazione è scarna), divisa tra il lavoro e la cura per la sorella. La sorella, insieme alle nipote, appartiene a un gruppo di ribelli e tocca ad Ares tirarle fuori dai guai. Desideroso di una vita più tranquilla, sarà costretto a divenire una cavia per salvare la sua famiglia, ingiustamente incarcerata, e prendersi cura delle nipoti.
La gente vota ancora per un governo, ma sono i grattacieli a comandare. Alcuni sperano ancora di poter cambiare le cose, ma la grande maggioranza non spera niente: vuole solo sopravvivere.
Siamo veramente liberi?
A seguito di una profonda crisi economica, i debiti del paese vengono rilevati dalle case farmaceutiche, che assumono sempre più potere, dando origine a un governo oligarchico. L’influenza di queste potenze nella politica francese conduce a una nuova legge, nella quale i principi relativi al rispetto del corpo umano vengono drasticamente modificati: ogni uomo può vendere, noleggiare e disporre del proprio organismo come preferisce e la sperimentazione umana diviene un mero atto commerciale.
Potersi vendere alla scienza significa essere veramente liberi o è un’illusione creata per ottenere più cavie?
Le case farmaceutiche hanno creato un abisso tra coloro che lavorano nelle strutture come ricercatori e manager e tutti gli altri, rintanati in una baraccopoli. Sotto una torre Eiffel tempestata di tabelloni pubblicitari si stagliano gli alti palazzi delle aziende e le case dei più abbienti, che proiettano la propria ombra sulle piccole e fatiscenti case dei lavoratori e sugli accampamenti di fortuna dei disoccupati, costretti per lo più a dormire sotto le stelle.
La fame, unita al desiderio di un vita migliore, porta i più poveri a tentare la fortuna, vendendo l’unica cosa di cui possono disporre, in cambio di un pasto caldo per la propria famiglia. Rischiare la vita facendosi iniettare farmaci di cui non si conoscono le controindicazioni è un gesto disperato, che non è dettato dalla libertà, quanto dal desiderio di andare avanti e costruire un futuro migliore.
“Ai loro occhi eravamo solo delle cavie”
In una società dove il denaro supera la dignità umana, la povertà è di vitale importanza per il controllo della popolazione. Aumentando il numero dei disoccupati, è possibile generare sempre più cavie disposte a tutto pur di sopravvivere. Ma la sperimentazione richiede anche delle morti e, una volta deceduti, la salma continua a possedere valore commerciale. “Perché donare il tuo corpo alla scienza quando puoi venderlo?” È solo uno degli slogan che incitano la popolazione a lasciare i propri resti in laboratorio. La morte assume un valore commerciale e, se il soggetto muore durante la fase di sperimentazione, alla famiglia spetta un rimborso di €15.000.
Anche i campioni di Arena sono vittime?
Ares è costretto a rischiare la propria vita per salvare quella della sorella, assumendo un farmaco compatibile solo col suo sangue. I suoi incontri sono monitorati, analizzati nel dettaglio, ma la sua possibile morte viene vissuta con distacco: i combattimenti sono solo esperimenti dimostrativi, mirati all’ottenimento di fondi.
Ma Ares non è l’unica vittima: ogni lottatore diventa una pedina in mano al proprio sponsor, subendo modifiche più o meno gravi senza batter ciglio. Tutto solo per i soldi. Tra guerrieri geneticamente modificati e campioni privati delle terminazioni nervose, Arena si mostrerà in tutta la sua crudeltà.
Due personalità a confronto
Sin dalle prime scene, emerge un personaggio che si oppone in tutto e per tutto ad Ares: Myosotis. Mentre il primo incarna la virilità, grazie a sanguinosi combattimenti, il secondo è una drag queen che ama mostrare al mondo il suo lato civettuolo. L’arresto della sorella di Ares porterà quest’ultimo a chiedere l’aiuto di Myosotis e sancirà l’inizio di una amicizia nella quale il lottatore mostrerà le proprie debolezze e la drag la propria determinazione.
Il nome Myosotis, riconducibile ai non ti scordar di me, consente al personaggio di ereditarne la sfumatura politica: questi fiori erano adoperati dalla massoneria per ricordare le vittime del regime fascista.
Ares è film che enfatizza tematiche attuali invocando concetti presenti nei romanzi distopici del Novecento
La trama di Ares, unita al mondo creato dalla mente di Benes, non ha nulla da invidiare alle trasposizioni cinematografiche delle opere di Orwell e di Bradbury: la descrizione di un surreale (e al contempo plausibile) governo totalitario funge da sfondo per la storia del protagonista, emergendo violentemente solo nella fase di realizzazione del lottatore. La critica velata della società odierna è efficacemente bilanciata dalle scene di azione, che in prima battuta sembrano essere protagoniste indiscusse della pellicola. Le lotte distraggono lo spettatore dalla trama reale del film, incentrata sulla rivoluzione, esattamente come Arena devia l’attenzione dei poveri dalla situazione politica ed economica della Francia.