Il drama non è proprio un horror, ma più un thriller mistery dove il cast principale è costituito dalle ragazze/idol che fanno parte del gruppo musicale Keyakizaka46, da cui non possiamo aspettarci una grandissima recitazione, infatti alcune parti sono fin troppo caricate, con espressioni facciali troppo esagerate. Inoltre delle persone “normali” in una situazione del genere, non avrebbero di certo reagito come fanno le nostre protagoniste.
L’ansia in 12 episodi…
La serie giapponese è formata da 12 episodi+1 episodio extra, dalla durata di 23 minuti circa (30 minuti l’episodio extra). La scena si apre in una sala da pranzo con tantissimi gingilli: quadri, libri, candele, orologi… una tavola apparecchiata e le 11 ragazze incappucciate, prive di senso. In sala regna il silenzio, quando viene rotto da un urlo, anzi da più urla, le ragazze iniziano a svegliarsi una alla volta. Si accorgono di appartenere tutte alla stessa classe, ma di essere anche tutte amiche e che sono state rapite e portate lì il giorno prima del diploma. Costrette a dover rimanere nella stanza, a causa di un congegno che le incatena le caviglie, dovranno scoprire episodio dopo episodio il perchè si trovino lì. Ma tutto, ogni piccolo elemento presente nella stanza avrà un senso e un perchè.
L’episodio extra invece è un prequel, che cerca di dare, in stile re-wind, qualche spiegazione in più agli spettatori delusi dal finale inconcludente e aperto.
Nessuno è senza macchia…
Sin dai primi episodi la serie ci vuole far capire che tutte le ragazze sono tutto fuorché delle vittime, nessuna di loro vorrebbe essere lì, eppure tutte sono colpevoli allo stesso modo. Il drama, nonostante non abbia un’eccellente recitazione e montaggio, tratta un argomento molto delicato: il bullismo.
E’ un argomento affrontato spesso anche nei manga e anime giapponesi e soprattutto molto attuale. La serie ci fa capire che anche il gesto che noi riteniamo più sciocco, per un’altra persona potrebbe essere “pesante” e che il semplice girare lo sguardo da un’altra parte, mentre una persona viene maltrattata, vuol dire essere complici e colpevole tanto quanto gli aggressori.
“I guess everything reminds you of something”
Proprio come afferma la frase “credo che tutto ci ricordi qualcosa”, che più volte viene recitata, notiamo che all’interno del drama ogni elemento presente nella scena (la sala da pranzo) si ricollega a qualche evento, a qualche episodio collegato ai vari motivi per cui le 11 ragazze si trovano prigioniere e legate ad una tavola. Gli orologi stessi, presenti in grande quantità, avranno il ruolo di scandire il tempo di permanenza di ogni ragazza, con conseguente suono di una campanella e scomparsa di una delle ragazze, di cui non si saprà più nulla.
Nella serie un altro tema trattato è il senso della giustizia, ma le “punizioni” che le ragazze avevano riservato per i “criminali” le si ritorceranno contro e capiranno che ciò che secondo il loro punto di vista sembrava ingiusto, in realtà nascondeva altre motivazioni, scagionando i presunti criminali e ribaltando il tavolo, le ragazze diventano le vere colpevoli.
Altro tema presente è quello dell’omosessualità, anche se in modo molto lieve, che viene riscontrato spesso negli anime/manga e film, ma che nella società Giapponese è argomento ancora problematico.
Quindi con la sensazione di mistero un pò smorta, un cast non proprio adatto ed un finale frustrante, la sensazione che ci rimane alla fine è quella di rimpianto per aver speso un totale di circa 5 ore. L’idea di base è carina, ma è stata gestita male. Consigliamo Re:Mind a chi è appassionato dei dorama giapponesi e a chi piacciono i misteri da sciogliere.