In media, negli USA le donne che lavorano a tempo pieno sono pagate il 21% in meno degli uomini; la paga lorda per ogni ora di lavoro in Italia è del 7% più bassa per le donne rispetto agli uomini. Il tasso di occupazione nell’UE è di 11 punti più alto per gli uomini rispetto alle donne; in Italia è di 18 punti.
Queste statistiche, che possono lasciare interdetto il lettore, compaiono, insieme a molte altre, in “Two Interviewees”, un minigame lanciato lo scorso 14 febbraio dal programmatore pavese Mauro Vanetti. Durante l’intera partita si assiste al tentativo di due giovani, Marzio e Irene, di ottenere il tanto desiderato posto di lavoro, presso il “Business Service srl” per il primo e allo “Studio Team sas” per la seconda. A entrambi i candidati vengono posti gli stessi quesiti ed essi rispondono allo stesso modo; sul taccuino l’esaminatore annota le proprie impressioni, che sono pesantemente influenzate da pregiudizi inerenti al sesso e all’aspetto fisico dei due ragazzi: Irene,se non indossa gioielli, viene considerata sciatta, Marzio, con l’orecchino, è etichettato come gay. Il giocatore, scegliendo tra le possibili risposte, può determinare gli esiti dei colloqui e, di conseguenza, scegliere il finale del minigame.
Sin dai primi minuti di gioco, emergono le discrepanze tra gli appunti presi dagli esaminatori: ciò che è motivo di elogio per Maurizio diviene una scusa per non assumere Irene. Ad ogni risposta fornita, le probabilità che sia assunto solamente il ragazzo sono più elevate, poiché Irene è costretta a non dichiarare futuri desideri, quali la maternità o il matrimonio, per non essere immediatamente allontanata dal colloquio.
Mauro Vanetti ha gentilmente accettato di rispondere a qualche nostra domanda e curiosità:
I. Come ha pensato di creare un minigame in grado di denunciare la differenza di genere?
Sono andato a un corso di Narrative Game Design tenuto dai We Are Müesli, un duo creativo che ci ha insegnato varie tecniche ludonarrative e l’uso di un software libero basato su Python, Ren’py, per fare visual novel.
Di formazione sono un programmatore quindi è stato abbastanza facile imparare.
Abbiamo fatto una game jam di poche ore con tema la simultaneità. Nella discussione collettiva è emersa l’idea di un gioco con lo schermo diviso, in cui avvenissero due colloqui di lavoro paralleli a un uomo e a una donna. Mi sono innamorato dell’idea e in poche ore l’ho realizzata in una forma graficamente grezza ma narrativamente simile alla versione finale.
Sono un attivista di sinistra di idee marxiste, quindi il tema dell’uguaglianza tra uomini e donne sul lavoro mi è sempre stato caro. Era naturale provare a parlarne con questo strumento, grazie all’aiuto dei We Are Müeslche, che fanno da sempre un discorso di giochi impegnati nella scena indie italiana.
II. Ha in programma altri minigiochi di critica per la società odierna?
Sì, anche se provassi a fare un gioco non impegnato probabilmente finirei per metterci dentro la politica, è una delle cose più importanti della vita e, in un mondo come questo, mi risulta strano non interessarsene, sarebbe come vivere su una barca in un oceano agitato e non parlare mai del mare. Non biasimo chi ci riesce,ma io non ce la faccio.
Alla Nordic Game Jam la squadra in cui ero ha fatto un gioco (Crumbling Construction, Inc.) molto casual come gameplay, ma è andata a finire con la realizzazione di una parte narrativa fatta tramite articoli paradossali di giornale e il tema del gioco è… l’abusivismo edilizio.
Da solo sto lavorando a un gioco astratto ispirato a Forza 4, che ho avvolto in una storia a scelte multiple e che parla anche di guerra e conflitto. Non so se vedrà la luce, ma questo è il tipo di roba che mi interessa. Credo che la scena indie abbia tutto l’interesse di mostrare che i nostri giochi a basso budget possono commuovere, far riflettere e parlare di temi “alti” pur restando capaci di restare giocosi e non pedanti.
III. Cosa si potrebbe fare per combattere la differenza di genere?
Domanda del secolo, anzi, degli ultimi millenni.
Chi è riuscito a “finire” il mio gioco potrebbe pensare che alluda al fatto che lavoratori e lavoratrici sono sulla stessa barca. Se è così, lottare assieme sul posto di lavoro è la chiave, come sa chi ha visto “We Want Sex” o “Bread and Roses”.
Più in generale, non credo che nella società capitalistica sia possibile risolvere del tutto il problema, finché la forzalavoro sarà una merce le divisioni di genere graveranno sulle donne.
IV. Gli esiti dei colloqui di Marzio e Irene si basano su esperienze personali o, comunque, di persone vicine?
Credo che ogni donna che cerca lavoro abbia vissuto esperienze simili. Molte amiche, parenti e morose me ne hanno parlato.
Ho comunque cercato anche statistiche che confermassero queste conoscenze aneddotiche e le ho inserite a fine partita.
Orde di maschilisti online hanno cercato di dimostrare che avevo distorto la realtà.
Ovviamente è una satira, che esagera la realtà, ma credo colga aspetti importanti (e orrendi) della società in cui viviamo.
V. Cosa consigli a dei giovani che si apprestano ad affrontare un colloquio di lavoro?
Consiglio di mentire spudoratamente quando ci fanno domande personali e discriminatorie.
Più seriamente: cerchiamo, appena possibile, di rifiutare ogni tipo di proposta indecente. Mi sono capitate, all’età di 35 anni, offerte da fame tipo 50 euro al giorno lordi senza trasferta per lavori di responsabilità e altamente qualificati. Molti giovani lavorano addirittura gratis, per la visibilità o per vaghe promesse di assunzione. Lo Stato è complice di questa precarizzazione estrema. Dire di no appena possibile, difendere la nostra dignità di salariati, è importante, ma può funzionare solo se è un’azione collettiva di resistenza.
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